Odio lo smart working
Lo smart working esiste da tantissimo tempo ma negli ultimi anni forse ne abbiamo anche abusato. Le cause sono moltissime ma non sempre è positivo...
Anni fa pensavo che sarebbe stato bello poter lavorare, per lo almeno in alcune fasi, senza dover uscire da casa. Ricordo le riunioni con la direzione; erano incontri che avvenivano almeno una volta al mese, a volte anche due volte al mese in caso di progetti che chiedevano continui controlli o rettifiche. Vi presenziavano il dipartimento dei programmatori, quello di video produzione, quello della progettazione e io del dipartimento operativo. Erano incontri costruttivi a volte ma non sempre, capitava ad esempio di divagare nella discussione dell'ordine del giorno, poi le battute di spirito per smorzare il clima che, capitava, si addensava con le diverse problematiche più disparate dei dipartimenti, poi ancora l’imbarazzo del momenti di stallo, dove nessuno riusciva ad portare oltre una discussione che non trovava soluzione. Sapete, tipo quando ci si guarda in faccia con espressione interrogativa sulla possibilità di chiuderla lì sperando che l’intervento provvido e risolutivo di qualcuno arrivasse a sciogliere l’ingorgo.
Si potevano spendere anche due ore, e non sempre nell’orario di lavoro, per queste riunioni, quindi era inevitabile non concludere un impegno quotidiano programmato per quel giorno. Casi come questo che ho citato ancora adesso si verificano, ma oggi è possibile utilizzare la video conferenza, utilissima, pratica e direi anche meno dispersiva. Più di una volta ho pensato che sarebbe stato utile anche poter svolgere il proprio lavoro da casa, da remoto , come si dice, in modo tale da non avere lavoro arretrato e perché no, poterlo fare tutte le volte che se ne aveva la necessità poiché, come ho già detto in altre occasioni, staccare dall’ambiente ufficio serve alle volte per trovare la concentrazione e la calma necessarie a recuperare l’ispirazione per chiudere un impegno.
Quando invece è accaduto che siamo stati obbligati a lavorare da casa, nel 2020, dopo soli pochi giorni, mi accorsi che razza di idea infausta avevo avuto in passato per poter anche solo aver pensato che fosse una cosa buona. Cioè tu ti alzi al mattino, fai colazione, nemmeno ti lavi la faccia che tanto nessuno ti guarda, non ti vesti perché non vai da nessuna parte, ti siedi in salotto, o in cucina, o , se ce l’hai, nello studio, e lavori. All’inizio pare anche bello: niente vociare dei collaboratori, niente telefoni che squillano incessantemente, niente appuntamenti che interrompono la tua routine, niente grattacapi dei collaboratori. Niente di niente. Fai pausa quando vuoi, vai in bagno quando vuoi, se hai bisogno di confrontarti con qualcuno del team utilizzi la chat e se devi incontrare tutti usi uno dei tanti programmi per conferenze come Google Meet o Zoom ad esempio. Ma sei a casa, i rumori sono quelli di casa, gli oggetti sono quelli di casa e immediatamente ti accorgi che piano piano non distingui più cosa è lavoro e cosa è casa. Persino la gestione della temperatura e della salubrità degli ambienti domestici durante tutta la giornata subisce modifiche a causa della tua continua presenza. Nasce la difficoltà nel separare vita privata e professionale e i familiari che entrano ed escono dalla stanza interrompono continuamente il tuo lavoro che diventa inconcludente e spesso si deve dedicare troppe al lavoro per portare a termine un compito.
Il monitor che si frappone tra te e coloro con i quali parli è un filtro, basta un click per zittire il tuo interlocutore e non si vedono più le sfumature degli sguardi, delle espressioni che vengono mitigate e addirittura nascoste dalla telecamera del tuo pc. Parlare da remoto lo si fa anche adesso per comodità e tutto sommato è anche utile, toglie le distanze e velocizza un incontro di lavoro, ma se diventa l’unica maniera per comunicare con il tuo staff, se tutto il tuo lavoro si svolge a casa tua in una stanza che non è adibita a luogo di lavoro, beh, a me non piace, ho la percezione di non avere il controllo del mio gruppo di lavoro, di non poter interagire nell’immediatezza di un problema e questo mi causa preoccupazione. Lo smart working mi ha fatto capire quanto sia importante relazionarsi con gli altri, la presenza fisica, per me, è importante. Insomma, lo so che molti non la pensano come me e ritengono il lavoro da casa quasi una benedizione.
Niente spese per gli spostamenti, niente pranzo fuori, niente code nel traffico per raggiungere l’ufficio e sono convinti di fare una vita migliore. Può darsi, io non giudico nessuno, non è nel mio costume farlo e nemmeno mi interessa. Io guardo all’atto pratico della cosa e a un lavoro che sia produttivo e controllato. Poi c’è anche l’aspetto personale che, nel mio caso, non gradisce gli aspetti negativi di un lavoro a casa: la sedentarietà, la dipendenza dai dispositivi elettronici, la mancata divisione tra vita-famiglia e lavoro, la gestione disordinata delle ore del giorno che non distingue più privato e lavoro. E poi i risultati. Ok , lo so, qualcuno di voi penserà che sono logorroica su questo punto, ma tant’è, sono convinta che ne va anche della produttività e della creatività. Quindi si, io odio lo smart working ma sono anche promotrice degli incontri on line quando sussistono fattori come la distanza la mancanza di tempo sufficiente, per esempio.
Non si può perdere una giornata intera di lavoro solo per andare a un incontro a 20 chilometri di distanza, dopo aver fatto la coda in autostrada, aver cercato parcheggio per mezz’ora, solo per fare il punto della situazione di un progetto o per discutere di alcune modifiche. E dai su, lo so bene anche io, quanto tempo mi sarei risparmiata in passato! Io mi riferisco sempre alla parte operativa del lavoro, quella, per me, necessita la presenza. Il confronto assiduo lo hai se sei a contatto con gli altri, un qualsiasi intoppo lo si risolve più facilmente se hai un collega vicino che può venire in tuo aiuto, e, se io sono presente, posso fare una supervisione delle varie mansioni in tempo reale ed eventualmente correggere subito ciò che non va bene, discutendone col mio collaboratore e trovando insieme un’altra soluzione. La tecnologia deve essere ausiliare e complementare del nostro lavoro per facilitare, ottimizzare, potenziare e velocizzare, ma non può sostituire la genialità, la creatività e l’imprevisto del nostro operato. Noi e le tecnologie dobbiamo lavorare in sinergia e ognuno resti al suo posto.