La solitudine delle decisioni
Se gestisci un gruppo di lavoro per quanto sia unito in certe situazioni ti senti solo devi prendere decisioni che coinvolgeranno tutti.
Dal momento in cui avrete scelto di far parte di coloro che conducono un gruppo di lavoro, dal momento che in cui vi sarete fatti carico delle responsabilità che questo comporta, ecco, da quel momento in poi sarete chiamati a prendere decisioni. Per coloro che guardano dall'altro lato della scrivania un team manager lavora riempiendosi i polmoni di critiche sul suo operato, mettendoci anche della cattiveria nel contrastare le sue scelte e sul suo modus operandi, a loro dico: “ confrontatevi “, e fatela questa mossa ! Metteteci del vostro e smettete di guardare e basta aspettando che vi arrivi l'input per fare qualunque cosa.
E' facile disapprovare, ma non lo è altrettanto quando si devono prendere decisioni importanti, spesso senza nemmeno poterci pensare su troppo, e magari senza avere le risorse umane di cui si ha bisogno. All'interno di un gruppo di lavoro si crea una compagine tra gli elementi che lo compongono, nascono relazioni di amicizia forti, durature e che si sostengono vicendevolmente. Ho avuto gruppi molto affiatati dove non primeggiava nessuno e tutti cooperavano insieme trascinando anche chi restava poco più indietro a causa di intoppi o difficoltà. Dura poco eh, non illudetevi. E' bellissimo far parte di un gruppo coeso e collaborativo, ma tu, il team manager, il responsabile del progetto e del gruppo, tu sei visto sempre come uno scocciatore, un estraneo perché sei quello che può cambiare le cose, quello che decide se va bene o va male, quello che sceglie e tutto ciò che fai passa sotto la lente di ingrandimento del gruppo per essere sottoposto a contestazioni e ad arbitraggio continui. Tu sei il punto di riferimento al quale tutti portano un problema che, sempre tu, devi pensare come risolvere.
' capitato così: ero responsabile del personale di un corposo nucleo di otre 70 unità che si alternavano su turni composti da circa venti operatori telefonici, l'ambiente quello del call center. Si prendevano ordini, si davamo informazioni e anche assistenza tecnica. Nei primi anni 90 era il periodo clou delle televendite tv, Tutto il team si rapporta a te, ma tu da chi vai? Sarete soli in quei momenti ed è una sensazione pesante che bisogna imparare a controllare perché se dimostrerete di aver paura a decidere, timore di prendere una posizione su un avvenimento non previsto, anche il vostro team si sentirà incerto e l'incertezza abbassa la fiducia dei vostri collaboratori, proprio ciò che voi non dovete mai perdere.
Il capo supremo era partito per un viaggio di lavoro dall'altra parte del mondo, io avevo ricevuto le istruzioni e il necessario addestramento per risolvere eventuali problemi del centralino o del software che registrava i dati delle chiamate. Avevo istruzioni per intervenire nel caso in cui un interno (il telefono) non funzionasse, riconoscere l'anomalia, sostituire l'apparato telefonico e controllare che fosse riconosciuto dal sistema software per l'attribuzione del traffico. Certo che avevo a disposizione anche tecnici e programmatori che mi aiutavano, durante il giorno. Un call center, in quegli anni, lavorava anche tutta la notte, la gente guardava la televendita e chiamava subito, ma poteva farlo anche nelle ore successive a quella della pubblicità, e noi dovevamo essere pronti a rispondere.
Quella volta l'anomalia si presentò all'una di notte. Le chiamate entravano ma non venivano distribuite agli interni del call center, a quell'ora il problema era solo mio. Facile, direte adesso, che ci voleva; avevi avuto le istruzioni e sapevi cosa dovevi fare. Vero, ma vi siete mai seduti davanti a un software in ms-dos per scrivere una riga di codice senza aver mai fatto prima una cosa del genere e sapendo che potevi compromettere il funzionamento del centralino e vanificare il lavoro per un intero turno di lavoro? Avevo chiamato il programmatore, mi diede delle indicazioni sommarie, noi stavamo perdendo migliaia di chiamate e non potevo attendere che arrivasse. Quindi decisi che non avrei aspettato e che avrei provato a sistemare io scrivendo una riga di codice di cui non sapevo assolutamente niente e che avevo visto fare solo una volta.
C'erano in ballo il soldi spesi dal cliente per la pubblicità in tv; ci avrebbe tranquillamente contestato l'ingaggio addebitandoci tutte le spese e il mancato guadagno degli operatori di quel turno. Fui tempestiva e benché non sapevo esattamente cosa stessi facendo, feci affidamento sulla mia memoria e sulla mia incoscienza, oggi posso dirlo, fui anche un pochino incosciente, e grazie a questa sfrontatezza risolsi il problema prima che il programmatore arrivasse limitando a 5 minuti , su una televendita di 15, la perdita delle chiamate. Riprendemmo a lavorare e quando il flusso di chiamate diminuì resettammo anche il centralino per sbloccare l'anomalia che si era creata. Avrei potuto limitarmi a chiedere assistenza tecnica al programmatore. Avrei potuto limitarmi a un “mi dispiace” per cliente e operatori per il mancato guadagno. Invece no, tra perdere tutto e provarci ho scelto la seconda opzione e, posso dirlo adesso: mi è andata bene! Sapete cosa ricordo più lucidamente di quella vicenda? La solitudine di pochi secondi in cui realizzai che dovevo fare una scelta, da sola e senza poterci riflettere troppo.
Molte altre volte mi capirà in seguito di dover prendere decisioni importanti, e ne ho prese anche di difficili e di più complicate, e tutte le volte la sensazione era sempre la stessa: si è soli con te stessi e si deve far forza unicamente sulle proprie capacità. Le decisioni sono strettamente legate alla nostra consapevolezza, alla nostra percezione e alla nostra reazione di fronte a una realtà inaspettata. Come rispondere a un evento improvviso è importante almeno quanto lo è definire bene il contesto del problema che dobbiamo risolvere per poter trovare la soluzione. Solo se ci concentriamo su questi aspetti avremo la possibilità di chiudere presto e bene una situazione difficile.